OCCORRE UNA TRASFORMAZIONE NEL BIENNIO DELLE SUPERIORI
Occorre una "TRASFORMAZIONE" nella scuola superiore che accoglie i
ragazzi dopo la terza media da 14 fino a 18 anni, un età complessa e
delicata che non va sottovalutata né
affrontata senza conoscere le dinamiche dell’età.
Sarebbe più opportuno dire una "rivoluzione"
Una rivoluzione pacifica che i genitori dovrebbero
provocare con proposte ben precise. Ma purtroppo spesso i genitori tremano di fronte all’Istituzione
Scuola ed hanno timore di confrontarsi con la dirigenza o con i docenti.
E si sbaglia perché il ruolo educativo è
portato avanti dalla famiglie e dalla scuola per cui è necessario un’alleanza
stretta tra queste due realtà.
I genitori non dovrebbero restare in uno stato di passività e di soggezione di fronte alla scuola, ma sostenere un dialogo costante nella parità dei ruoli e nel riconoscimento delle diverse competenze.
Purtroppo essi non
sempre riescono a far sentire la propria voce
durante l’iter scolastico perché, soprattutto lì dove si contestano
certi acclarati metodi di insegnamento,
si temono ritorsioni da parte dei docenti.
Bisogna però che sia ben chiaro che non si tratta di far la
lotta ai docenti, perché i docenti sanno di dover collaborare con le famiglie e che non si può fare a meno del loro apporto.
Quando parlo di “rivoluzione”
nelle scuole superiori intendo soprattutto un profondo cambiamento di una impostazione strutturale che
risale, sostanzialmente, ai primi del 900 quando la società era molto diversa da oggi e anche gli
studenti non erano gli studenti di oggi.
Una scuola superiore che
non conosceva l’obbligo scolastico, e che per l’accesso alle medie richiedeva
un esame di ammissione, e che nel complesso aveva un ruolo essenzialmente
cognitivo solo per una fetta della popolazione, per un’acquisizione di
competenze specifiche in campo linguistico e logico-matematico.
Una scuola che si inseriva
in un contesto sociale dove il principio di dominazione era imperante e dove
non esisteva una Costituzione ispirata a principi di democraticità, che oggi invece abbiamo.
Le realtà pedagogiche del
rapporto educativo e del bene relazionale e
quelle dell’educazione alla pro-socialità e della comunicazione
empatica erano pressoché sconosciute.
Come erano sconosciute le
ultime scoperte scientifiche sulle intelligenze multiple.
Oggi queste realtà
pedagogiche e psicologiche sono
abbastanza note ma ancora troppo poco conosciute nelle nostre scuole, e permane ancora in larga parte quella visione della scuola specchio di una società formatasi sul principio delle dominazione.
Si sperava pero che
dopo le due tragiche guerre mondiali e l'imperversare della nefasta dittatura nazi-fascista quel principio della dominazione fosse stato
definitivamente scalfito.
Purtroppo osserviamo che
metodi e principi di stampo
autoritario vanno riemergendo in tanti stati, e le guerre, frutto bacato di
tali metodi e principi, avanzano in maniera paurosa.
Di conseguenza anche
nelle scuole c’è ancora una folta rappresentanza
di fautori di tali principi nella classe docente e tra i dirigenti, che riemerge con maggiore forza
là dove i principi democratici diventano
deboli e poco vissuti.
La famiglia, se vuole e se può, potrebbe aiutare se stessa e la Scuola a correggere il tiro, ma dovrebbe intervenire con più autorevolezza e fare delle richieste ben precise, nella consapevolezza dell'importanza sociale dell'esperienza scolastica nella vita dei propri figli, cosciente che, da come lo studente vivrà l’esperienza scolastica, dipenderà il suo futuro e il futuro della società.
Un esperienza scolastica fallimentare avrà conseguenze disastrose nella vita dello studente a livello sociale, psicologico e comportamentale.
Pertanto i genitori, senza timore, devono osare chiedere alla Scuola di essere accanto ai loro figli nell’ingresso alle Superiori, in un atteggiamento di grande accoglienza, in quanto si sta realizzando un passaggio molto delicato, in una fase del processo evolutivo dello studente complessa e di grande fragilità
psicologica.
Inoltre non va dimenticato che sono ancora anni
dell’obbligo scolastico dove, per la
nostra Costituzione, la Scuola è chiamata a rimuovere le cause che ostacolano il
processo di apprendimento e non ad operare selezioni tout-court.
Sono gli anni in cui
dalla preadolescenza si passa all’adolescenza, anni in cui l’io dello studente è ancora in
formazione, anni in cui va formandosi l’autostima e la sicurezza, per cui dire indirettamente a quel ragazzo in quel passaggio “non
sei all’altezza” può avere forti ripercussioni nella sua psiche.
Sono anni in cui, inoltre, bisogna
capire il tipo di intelligenza dello studente
in base al quale si potrà optare - di fronte a determinate difficolta - per un più idoneo tipo di studi. Ma è
il ragazzo che deve arrivare a capirlo con l’aiuto del docente.
Auspichiamo quindi un biennio alle Superiori in cui la Scuola sia accanto allo studente e lo aiuti a capire se stesso e a discernere.
E poi, non bisognerebbe assolutamente dimenticare che gli studenti provengono dalla Scuola Media, dove
il processo di sviluppo delle capacità è ancora in evoluzione, e mi
riferisco alla capacita di esercitare la volontà, di essere responsabili, alle capacita di scelta e di autonomia, alla capacita di
analisi e di sintesi.
Per cui, nel momento in cui lo studente fa ingresso nel ciclo delle Superiori, la Scuola non può ignorare tutto questo e rovesciare addosso agli studenti comuli di contenuti e pretendere risposte immediate, senza considerare lo stato fisico, psicologico e mentale dello studente e senza tener conto di trovarci di fronte a intelligenze diverse.
Purtroppo di tutto questo, dispiece dirlo ma è la triste realtà, nella maggioranza delle scuole italiane, a livello istituzionale, soprattutto nel primo anno non si tiene conto. E questo addolora molto perchè una Scuola che non tiene conto di queste realtà può creare danni sociali irreparabili.
Sarei contento di sapere se esistano circolari del Ministero che parlano di questi aspetti pedagogici in riferimento all'ingresso degli studenti alle Superiori.
Oggi purtroppo guardando i dati statistici dello scorso anno si evidenza nel biennio un numero altissimo di “non ammessi” - i cosiddetti bocciati o respinti - in numero alto nelle prime classi delle Superiori e un po' meno nel secondo anno.
I motivi sono ben evidenziati: "non ammessi" perché non sono riesciti nell’apprendimento, perché si sono assentati con frequenza altissima o perché hanno abbandonato la scuola.
Questo delle assenze e degli abbandoni è un fenomeno nuovo che si sta diffondendo sempre più a macchia d'olia in tutta l'Italia dal nord al sud.
E la Scuola cosa potrebbe fare in tali frangenti? Solo prenderne atto? O potrebbe interrogarsi per analizzare il fenomeno e tentare d fermare questa forte emorragia di studenti nel biennio delle superiori?
In questo senso, dico che le famiglie potrebbero intervenire, per fermare questa forte selezione che viene operata nei primi anni delle superiori,
anni di obbligo scolastico, ripeto, fondamentali nello sviluppo della personalità degli studenti; per ricordare a tutti che
Accettare l’obbligo e non prendersi cura degli studenti e come vanificare l’obbligo riproponendo la selezione. E questo atteggiamento rigidamante selettivo, a parar mio, andrebbe corretto.
In questo senso parlo di "rivoluzione" ossia di un cambiamento radicale nel rapporto con gli studenti in questi primi anni degli Istituti superiori che risultano i più difficili per gli studenti.
Una "rivoluzione" che poi significa "prendersi cura", per cercare di capire le difficoltà che vive lo studente e aiutarli a risolverle. Ed è questa la più grande rivoluzione che dovrebbe realizzarsi nella scuola di oggi.
Poche scuole, ancora
troppo poche, stanno tentando esperienze nuove con grande coraggio. Fra tutte cito quella del Liceo Classico
Dante Alighieri di Ravenna, dove è in atto una
sperimentazione nuova in alcune classi prime del biennio con risultati soddisfacenti: non si è registrato alcun abbandono, non ci sono state assenze e i risultati finali positivi per quasi tutti gli studenti. E in questo nuovo anno scolastico il Provveditore ha confermato la validità di esso estendendolo a sei classi.
Pasquale Lubrano Lavadera
già docente di matematica, giornalista e scrittore
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