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Visualizzazione dei post da 2019

Una scuola che non mette al primo posto il bene relazionale è fuori strada

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Si lavora in una scuola di Palermo sull'integrazione  La scuola deve essere guidata dal criterio dello sviluppo integrale dell'alunno, armonico, non subordinato a criteri utilitaristici. Gli orientamenti dell'UNESCO parlano chiaro: i pilastri della scuola devono riguardare lo sviluppo non solo delle dimensioni cognitive e operative, ma anche di  quelle  relazionali, culturali, di cittadinanza attiva. La qualcosa è quasi del tutto assente nella maggior parte delle scuole italiane. Questo significa che gli alunni vivono un'esperienza sociale monca, asfittica, deludente in un clima competitivo e meritocratico che crea disuguaglianza e conflitto. Le famiglie dovrebbero capire che non è il comulo di nozioni a rendere maturi i loro figli,  ma lo svilippo del bene relazionale, ossia di quella capacità di sapersi relazionare nel contesto sociale della classe, dove collaborazione solidarietà condivisione ricerca comune, armonia, rispetto reciproco, norme condivise

Franco Lorenzoni: La scuola cerca di coinvolgere tutti i ragazzi

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La scuola è l'istituzione che meglio realizza la convivenza fra ragazzi di mondi e di culture diverse. D'altronde chi, se non noi insegnanti, dovremmo azzardare e impegnarci in questa delicata opera educativa? Piero Calamandrei sostenava che se la società fosse un corpo, la scuola sarebbe un organo  ematopoietico, cioè il luogo dove si forma il sangue che porta nutrimento ad ogni cellula. La metafora è illuminanate per chi avverte l'affanno dovuto alla pericolosa anemia di cui ci stiamo ammalando...La cultura nella scuola mon si trasmette, si costruisce pezzo a pezzo, con tenacia e tempi lunghi, cercando di coinvolgere tutti.  Franco Lorenzoni da  Francesco Erbani , intervista a Franco Lorenzoni  La Repubblica 19 gennaio 2019

PERCHE' LA SCUOLA NON BOCCIA MAI!

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La parola "bocciare", usata nel linguaggio scolastico ha determinato molti equivoci.  Dal dizionario Palazzi alla voce "bocciare" leggiamo:  "Colpire con la propria boccia quella dell'avversario" oppure "respingere".   "Colpire" e "respingere", due significati tipicamente guerreschi, che non hanno senso in una scuola che deve formare, istruire, accompagnare, guidare, stimolare, accudire, in una parola promuovere la persona umana in tutte le sue sfaccettature. Molto probabilmente  la scuola è caduta in questo errore nel passato perché per secoli la società si è strutturata sul sistema di dominazione; sistema che usava al suo interno la classificazione, il giudizio, la punizione, il senso di colpa, il conflitto, la bocciatura. Anche la scuola molto probabilmente si strutturava sullo stesso modelli e quindi i ragazzi venivano classificati, giudicati e, se il giudizio risultava negativo, venivano tranquillamente re

Massimo Cacciari: La propria tradizione religiosa va insegnata a tutti nelle scuole statali

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Massimo Cacciari non ha dubbi. «La nostra tradizione religiosa insegnata obbligatoriamente a scuola. Non solo, la teologia dovrebbe essere presente in tutti i corsi universitari di filosofia». Il motivo di tanta perentorietà? Siamo in presenza di un analfabetismo di massa in campo religioso. Dunque lei è per l’obbligatorietà dell’insegnamento, senza se e senza ma. Non lo dico da oggi: sarebbe civile che in questo Paese si insegnassero nelle scuole i fondamenti elementari della nostra tradizione religiosa. Sarebbe assolutamente necessario battersi perché ci fosse un insegnamento serio di storia della nostra tradizione religiosa. Lo stesso vale per le università; sarebbe ora che fosse permesso lo studio della teologia nei corsi normali di filosofia, esattamente come avviene in Germania. La religione, dunque, alla pari della lingua italiana o della matematica. Non può essere un optional… Macché optional. Per me è fondamentale il fatto che non si può essere analfabeti i

I compiti a casa? discutiamone!

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Cominciamo col dire che il tempo scolastico si è allungato e che ai ragazzi tempo a casa non ne resta, se non per i giochi, necessari quanto i compiti a casa, soprattutto se fatti coi compagni. Evidentemente, questo è un discorso che non viene compreso da chi ritiene che il compito della scuola sia l’insegnamento e che l’insegnamento non sia altro che la lezione (dal latino lectio, leggere, perché all’inizio, in mancanza di libri, la lezione era lettura del libro da parte del docente): la scuola è nata dalla cattedrale medioevale, nella quale il pontefice, dall’alto della cattedra, leggeva i libri sacri scritti su cartapecora). Ma tale è rimasta dopo Gutenberg e tale è rimasta oggi dopo la linotype e dopo l’invenzione delle tecnologie informatiche che consentono la stampa dei libri a bassissimo prezzo, se non la lettura dei libri su apparecchi informatici. Ma ciò importa poco, perché le moderne metodologie dell’insegnamento/apprendimento  sono cambiate e, con esse, il ruo

PUNIRE i nostri ragazzi quando sbagliano oppure no?

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Haim Ginott (1922-1973) Molti genitori e molti insegnanti sono convinti che  bisogna punire quando i figli o gli alunni sbagliano affinché capiscano che non devono più farlo. Questa convinzione  molto usata nei secoli passati si è radicata nella mente degli adulti e si fa fatica a mandarla via. Oggi invece molti studi sono stati fatti sulla mente del bambino e del ragazzo per cui abbiamo elementi nuovi per valutare le conseguenze della punizione nel processo educativo. Da molte esperienze  di genitori e insegnanti possiamo affermare che  ormai c'è una consapevolezza diffusa che la punizione genera nel punito sentimenti di odio, vendetta, sfida, colpa, senzazione di valere poco e autocommiserazione. Tuttavia provenendo noi adulti da un sistema educativo dove la punizione era il toccasana, facciamo un po' di fatica  ad abbandonarla, in quanto ci sembra che non punendo perdiamo quell'autorità necessaria a casa o a scuola A riguardo il prof. Haim Ginott,  di fronte all

NO alle classi omogenee!

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Franco Lorenzoni Se l'arte del convivere e la cura del pianeta sono lo sfondo di ogni educazione che guardi al futuro, la sfida sta nel dimostrare che nelle classi disomogennee si impara di più e meglio. Franco Lorenzoni da Franco Lorenzoni  " Lasciamo che i ragazzi scrivano tutti insieme" Repubblica 13 9 2019

GENITORI OSSESSIONATI DAI COMPITI

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Molte mamme sono ossessionate dai compiti e dai risultati scolastici per cui pensano ai compiti alle interrogazioni e ai risultati scolastici in maniera abnorme E' questo un grave pericolo per il rapporto genitori figli perché un bambino tornando da scuola ha bisogno di benm altro. Sentite cosa dice lo psichiatra infantile Giovanni Bollea: "Quella che conta è l’intensità, non la quantità di tempo passato con i bambini.  I primi venti minuti del rientro a casa...devono essere dedicati al colloquio e alle coccole. E non certo a chiedere dei compiti o dei risultati."

Basta SCUOLE SPORCHE!

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Ho insegnato in molte scuole medie e auperiori e quasi sempre mi sono trovato con aule e bagni in pessime condizioni: scritte sui muri disegni porno, porte rotte, banchi manomessi. Mi accorgevo però che dovunque c era indifferenza e si continuava a far lezione come sempre. Non c'era la capacità di capire che quella situazione negativa poteva essere l'occasione per una presa di coscienza dell'importanza di rispettare l'ambiente è di educare i ragazzi a prendersi cura della scuola come se fosse la propria casa. C'era in me, come docente, una forte ripulsa a vivere un' esperienza così importante in aule degradate. Non si possono oggi accusare gli studenti di incoerenza se la scuola non ha mai posto come obiettivo primario è costante la cura degli ambienti che ci ospitano. Nella mia carriera scolastica una sola preside lo fece e con ottimi risultati: Maria Michela Di Costanzo la quale diceva: non possiamo pretendere dagl

La scuola che giudica distrugge l’autostima del bambino

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L’idea che i bambini facciano   cose sbagliate, che siano capricciosi, disturbatori, oppositori, distratti, incapaci, opportunisti, provocatori è un falso pedagogico duro a morire nelle nostre scuole e anche nelle famiglie. Molti genitori vanno dagli insegnanti e spesso sentono queste frasi prive di senso: “Suo figlio potrebbe fare di più, suo figlio non si concentra, suo figlio è molto distratto, suo figlio non si applica, suo figlio non ascolta.” Tutti giudizi negativi nei confronti dei bambini che andrebbero decisamente eliminati dal linguaggio scolastico, perché come diceva la Montessori “Nel bambino non si tratta di correggere,   ma di far nascere”. Infatti compito della scuola è proprio quello di sviluppare le capacità , promuovere interesse, ascolto, attenzione, concentrazione ecc. Quei giudizi sono senza senso   e assurdi perché nascono dall’idea   che i bambini possiedono già la capacità di fare, di ascoltare, di essere concentrati, di essere attenti, di esse

ERNESTO un alunno demotivato e con scarsa volontà

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Ernesto arrivava spesso in classe in ritardo ed era spesso distratto, pensava ad altro e non poche volte creava disordine. Non ero riuscito ancora a neutralizzare la sua corazza che respingeva ogni mio tentativo di connettermi con lui. Aveva quasi 13 anni. L’avevo   ripreso più volte anche duramente davanti ai compagni, ma senza risultati. Rifiutava il rapporto con me e di conseguenza con la matematica. Un alzata di spalle e via. Sfidava la mia autorità, anzi sembrava contento di manifestare la sua sfrontatezza e la sua indifferenza di fronte al resto della classe. Abbastanza amareggiato pensavo che il suo atteggiamento potesse influire negativamente sugli altri alunni e temevo di perdere quell’autorevolezza   necessaria per portare avanti la classe. Pur avendo conosciuto il linguaggio dei sentimenti e dei bisogni che la comunicazione empatica pone a base di ogni azione educativa, avevo una certa riluttanza ad applicarlo. Infatti, un giorno in cui ero più teso di alt

La Severità educativa è un bene o un male?

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Dipinto di Carlo Carrà Molti genitori pensano che per educare un figlio disobbediente, irascibile, riottoso, insofferente alle regole e linguacciuto occorre la Severità.   Anche mia madre pensava questo e nella mia adolescenza si mostrava "severa" nel senso che mi impediva di andare a giocare con gli amici vicini di casa perchè temeva molto che   l'ambiente esterno mi potesse portare su strade cattive, mi rimproverava spesso e mi faceva sentire in colpa quando facevo passi falsi.  Arrivato a 15 anni ho cominciato a trasgredire volutamente e scappavo di casa dalla finestra e ai suoi rimproveri reagivo con indifferenza pronto a scappare di nuovo alla prima occasione. Quando più tardi cominciammo con gli amici giochi trasgressivi io, pur sapendo di sbagliare,  mi lanciavo  in tutto ciò che era normalmente proibito. Tra le tante trasgressioni cominciammo anche a rubare nei negozi di dischi e nelle pasticcerie. Oggi posso dire con certezza che la Severità è una cat