Giuseppe Lupo: Breve storia del mio silenzio
Giuseppe Lupo |
Dopo Gli anni del nostro incanto, Giuseppe Lupo ci
consegna un altro splendido romanzo, Breve storia del mio silenzio,
Marsilio Editore. Un romanzo in cui l'autore trae ispirazione dal proprio
vissuto e cerca le tracce di una vocazione letteraria che si manifesta pian
piano proprio lì dove la parola sembra spegnersi.
Aveva quattro anni quando,
alla nascita della sorellina, si
ritrovò incapace di proferir parola; un trauma psicologico che sembrava irrigidirlo in un silenzio
mortificante. Ma fu da quel silenzio che il bambino percepì il grande valore
della parola.
Si snodano pagina dopo pagina quadri indimenticabili, in un
racconto molto familiare, intenso, a tratti poetico, di un cammino dove gli
eventi portano pian piano quel ragazzo, crescendo, a capire il suo futuro a
Milano lontano dai suoi e dall'amata Lucania. "Quando varcai la soglia
dalla cameretta, entrai in una specie di parentesi fra una vita lasciata e un'altra
che mi stava davanti, ma ancora ravvolta in un orizzonte indefinito…Non avevo
difese da opporre, se non fermare il tempo che invece doveva scorrere così
com'era nei patti della creazione e, nel suo scorrere, mi avrebbe fatto
attraversare la lunga parabola del silenzio che a mia insaputa, in altre forme
rispetto alla mia infanzia, stava cominciando."
Un silenzio adulto che dà al giovane trapiantato nella
metropoli lombarda la possibilità di cogliere le voci segrete che percorrono i
territori esistenziali, favorendo il pieno inserimento in un altrove creativo nell'avanzare di un
duemila foriero di promesse.
Ma c'è una promessa scritta a fuoco nell'anima che originerà la grande scoperta
del narrare. "Arrivò il momento di salire sul treno e nella concitazione
dell'addio mio padre ebbe il tempo di dirmi: 'Se il Novecento a cui
apparteniamo avrà il futuro di essere ricordato, se tua madre e io avremo il
futuro di essere ricordati, dipende da te.' Si erano chiuse le porte e non
riuscii a sentire più nulla. Fu un attimo, ma nelle parole che mio padre stava
pronunciando, nel sorridere silenzioso a me che andavo via…proprio in quell'attimo
era come se si spegnesse il secolo a cui appartenevamo tutti, io, la mia
famiglia, l'Appennino dov'ero nato. Il giorno dopo, a Milano, il Novecento non
esisteva più e io già ne sentivo la mancanza."
Poesia e prosa mescolate come quei mare increspati che la
forza del vento disegna nelle fredde giornate d'inverno senza sconvolgere la profondità, capaci di rivelarci
le radici amate in pagine terse e luminose. Una narrazione fluviale che nel suo scorrere porta
a valle ciottoli e pepite d'oro, raccolti nella propria memoria, punto di
partenza e arrivo: "Vivere non è trasferirsi sulla scacchiera del tempo,
ma sognare di tornare a casa e, in attesa di farlo, girare il mondo:"
Pasquale Lubrano Lavadera
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