SCUOLA: PRATICARE L'OBIEZIONE DI COSCIENZA
Quando
la scuola dimentica i diritti dei fanciulli
I - Una vera e propria
deriva contenutistica sta distruggendo la scuola secondaria di primo grado,
trasformando il processo educativo in un processo essenzialmente contenutistico,
privilegiando quei pochi ragazzi che hanno sviluppato competenze specifiche, elevate capacità e
acquisito metodi e processi mentali di livello medio alto.
Basta guardare i libri di
testo delle tre classi, ma soprattutto un
fattore evidente sono le nuove bocciature. Mi disse infatti un docente mio
collega in una scuola dell'estrema periferia di Napoli: "Mica noi possiamo
promuovere i delinquenti." Avevo infatti fatto osservare che per me era assurdo trovarmi in una prima classe con
ragazzini di 11 anni e ragazzoni di 15 anni che avevano ripetuto per tre volte
la prima.
Ma se ciò non bastasse
basta considerare lo spasmo che si vive in molte scuole quando sopraggiungono le
prove INVALSI
Tutti quegli alunni che
hanno completato il primo ciclo della scuola primaria con maggiore lentezza di apprendimento e non
hanno ancora sviluppato appieno le capacità prefissate si trovano ad affrontare con fatica il triennio delle medie
e spesso non riescono a raggiungere gli obiettivi che i docenti richiedono
Il coordnatore di un consiglio
di classe di una prima media, alla fine della pandemia nel giugno 2020, rivolgendosi ad un genitore di un alunno in
affanno, in un incontro virtuale, ha così serenamente affermato: "Noi lo
porteremo in seconda, ma il ragazzo non
ha raggiunto gli obiettivi prefissati per cui pensiamo che non potrà affrontare
il percorso didattico della in seconda
media."
Qual'era il significato
recondito di questa affermazione, velato ma per certi versi abbastanza chiaro?
Il programma era stato
svolto, i contenuti offerti, il ragazzo non si era applicato abbastanza, quindi
si sarebbe trovato l'anno prossimo in
grande difficoltà ad affrontare i contenuti della seconda classe.
Implicitamente invitavano
la famiglia di provvedere.
In che maniera? Mettendo
accanto al figlio un insegnante privato?
Ma la scuola dell'obbligo
non era nata proprio per dare ad ogni ragazzo la possibilità di seguire un
corso di studi adatto alle sue capacità? Non era il ragazzo con i suoi limiti o
le sue abilità ad essere al centro del percorso didattico.
Non dovevano i contenuti
essere adeguati alla reale situazione di ogni ragazzo?
Riflettendo su questo
episodio, capivo che la situazione scolastica nella scuola dell'obbligo era
stata totalmente capovolta: non è più la scuola a servizio degli alunni e delle
famiglie, non è più la scuola che si prende cura di ogni allievo dal primo
all'ultimo e lavorando molto di più per i ragazzi che incontrano difficoltà ma
la scuola a servizio dei programmi prefissati.
Ci sono ormai obiettivi
da raggiungere e se il ragazzo non ce la fa sono affari suoi e della famiglia.
Tragico, in molti casi, tragicamante vero.
II - Alcuni insegnanti
infatti affermano che, se pure volessero
lavorare con i ragazzi più in difficoltà, i programmi ministeriali lo
impediscono perché hanno alzato di molto l'asticella per stimolare gli
insegnanati a raggiungere negli alunni
livelli europei e svolgere al meglio le prove INVALSI obbligatorie.
Questo vuol dire che le famiglie dovranno preoccuparsi ed occuparsi se il ragazzo non
risponde a certi livelli precostituiti, pena lo stallo o la famigerata bocciatura.
E dovranno affiancare alla scuola dell'obbligo un altro tipo di scuola, privata
quest'ultima, per cercare di recuperare e sostenere il proprio figlio o figlia in difficoltà di
apprendimento.
Questo perché se un alunno non apprende
secondo i canoni e non raggiunge gli obiettivi è una pietra di inciampo quindi
un ostacolo per il docente e per l'intera scuola.
Ma questo tipo di scuola può ancora
definirsi scuola dell'obbligo "per tutti e a misura di ciascuno"?
Non viene in tal modo completamente svuotato di significato il principio
costituzionale che chiedeva una scuola che aiutasse ogni alunno a rimuovere quegli ostacoli che ne
impedivano un avanzamento culturale e formativo?
Non dovrebbe essere il docente accanto
all'alunno in difficoltà, per seguirlo
nel suo sviluppo secondo il proprio ritmo di apprendimento per favorirne una
crescita umana e intellettuale?
Non dovrebbe essere il docente libero di
lavorare senza assilli o patemi d'anima a seconda delle circostanze, a seconda degli
alunni, e delle loro reali situazioni?
Purtroppo questo oggi non avviene, tranne in qualche coraggiosa
scuola.
Nella maggior parte dei casi i ragazzi che manifestano un lento ritmo di
apprendimento vengono a trovarsi
fortemente svantaggiati e la Scuola, di fatto, non riesce più a farsi carico di un loro recupero.
Dimenticando che quel "lento ritmo di apprendimento" è
semplicemente normale in una "persona" in evoluzione.
III - Ogni libro
scolastico prevede alla fine di ogni
capitolo le cosiddette PROVE INVALSI ponendo i docenti in un vero e proprio
circolo chiuso che li costringe a svolgere un "programma molto ampio"
indipendentemente dal livello medio di maturazione della classe e dei singoli allievi.
Questo perché la maggior
parte dei libri scolastici in circolazione si sono subito adeguati alle nuove
direttive e sono diventati piccoli trattati onniscienti, corposi e debordanti a
livello contenutistico, eccessivamente dotti, vere e proprie summe di nozioni e
contenuti che, solo a sfogliarli gli alunni si spaventano. Altro che aiuto!
E poi la mole dei compiti
a casa, dutante le vacanze e alla fine della scuola! Un vero martirio.
Se un docente ha la sventura di avere
ragazzi provenienti da territori svantaggiati culturalmente con famiglie incapaci di sostenere il
processo di apprendimento dei figli, si troverà alla fine dell'anno con
risultati deludenti e le conseguenti prove INVALSI raggiungeranno livelli bassi
facendo scendere il livello statistico della scuola. Livello statistico che
deve essere reso pubblico e visibile dai
genitori, i quali genitori poi dovranno farsi un idea della "bontà"
di quella scuola a seconda che le prove
Invalsi abbiamo dato un risultato alto o basso.
Quale assurdo! La Scuola è
UNA e le singole istituzioni scolastiche
non vanno mai comparate, così come gli alunni non vanno comparati.
IV - Come giustamente
affermava una dirigente: "E' invece, proprio dove l'ambiente
socioculturale è svantaggiato che
dovremmo notare il cosiddetto
"effetto scuola" e quindi l'efficacia di un progetto educativo e
didattico.
Se questo effetto accade, e in realtà accade
spesso soprattutto in certe aree geografiche, lì dove la presenza degli extra
comunitari è alta, quella scuola
dell'obbligo anziché essere lodata per lo sforzo immane che ha messo in atto
per poter rimuove gli ostacoli che si frapponevano nel processo educativo,
verrà a trovarsi in basso nelle graduatoria e nell'immaginario collettivo verrà
identificata cone "scuola scadente"
E' doloroso pensare che
la scuola sia stata trasformata in un'azienda che deve produrre
"bulloni", sottomessa alle leggi di mercato, svilendo così le più avanzate conquiste della pedagogia
contemporanea che, nonostante le INVASI e le discutibili circolari ministeriali,
continua ad invitare i docenti e i dirigenti a porre al centro del progetto
scuola la dimensione educativa nella costruzione primaria di quel bene
relazionale che fa dell'esperienza scolastica la prima e insostituibile
esperienza di autentico sviluppo sociale. Che privilegia la formazione
umana insieme dell'apprendimento scientifico culturale; che pone al centro di
ogni scuola l'alunno come persona, non il
risultato precostituito.
Ogni alunno è unico e
diverso da tutti gli altri, per capacità, per sviluppo mentale, per ritmo di
apprendimento, per il retroterra culturale, per approccio allo studio, per
difficoltà di linguaggio
V - Inutile
nascondercelo; oggi non è più così. I diritti dei fanciulli nel loro sviluppo
evolutico sono ampiamente violati. La
situazione è divenuta tragica, per cui occorre
una presa di posizione nuova e forte
da parte dei dirigenti, dei docenti e soprattutto delle famiglie che devono
a mio parere osare di più e giungere a
praticare l'obiezione di coscienza in merito a qualsiasi situazione che
calpesta i diritti sacrosanti sancita dalla carta dell'ONU. Obiezione di
coscienza di fronte a libri che sono montagne invalicabili, obiezione di
coscienza di fronte ai voti e richiesta di giudizi individuali di valutazione al
posto dei voti, obiezione di coscienza
di fronte alle prove INVALSI lasciando quel giorno i figli a casa,
obiezione di coscienza di fronte a contenuti prefissati a priori e ai molti compiti a casa in itinere e
durante i periodi di vacanze.
Se un ragazzo non ha
compreso le frazione che senso ha assegnargli 10 esercizi per casa ?
Qualcuno potrà obiettare
che molte famiglie vogliono i compiti, vogliono
i voti, vogliono le prove INVALSI, vogliono gli obiettivi prefissati alti.
Queste famiglie
dimenticano che c'è un bene comune da raggiungere e che esso passa attraverso
l'aiuto a quei ragazzi più svantaggiati senza il quale il principio
dell'uguaglianza e della fraternità è seriamente compromesso
E dimenticano che ci sono
moltissime famiglie che non hanno condizioni economiche sufficienti per dare un
sostegno privato ai proprii figli.
E lo dimenticano perché è
ritornata alla grande nella scuola dell'obbligo anche la meritocrazia con il
cosiddetto voto che, sapientemente, era stato eliminato alcuni anni fa. Che
esiste un'uguaglianza di fondo che va rispettata e promossa, pur nella
diversità dei talenti che ogni alunno possiede.
A parer mio i ragazzi non vanno giudicati né massificati
né imbottiti, ma valutati nel loro processo di apprendimento relativo alle loro
capacità e al loro ritmo di apprendimento. Il ragazzo che sbaglia, che è lento,
che è disinteressato va curato, incoraggiato accompagnato e non punito con un
voto basso. L'errore diceva Rodari è funzionale alla maturazione dell'allievo.
VI - Un dirigente saggio, di fronte ad una docente di prima media che
voleva bocciare un alunno affermando: "Non ha voluto fare niente!",
rivolgendosi alla docente e all'intero consiglio di classe disse: "Loro
sanno bene che la volontà è una delle capacità fondamentali che bisogna sviluppare
nei ragazzi. Se questo ragazzo era privo
di questa capacità, mi domando quale metodologia è stata messa in atto dal
consiglio di classe per lui?... Bisognerà forse, in futuro, attrezzarsi meglio
affinché questo ragazzo sia aiutato proprio lì dove è più carente."
Sappiamo, per esperienza,
che ognuno di noi ha il suo talento, piccolo o grande che sia non importa,
talento ricevuto gratuitamente e nessuno può mai vantarsi del proprio talento.
La scuola dell'obbligo, primariamente si preoccupa di sviluppare il talento di ciascun,
ma senza esercitare violenza sulla personalità dell'alunno, senza classificarlo, soprattutto nella fase
delle elementari e della preadolescenza, dove l'Io è in formazione e ogni
ragazzo deve trovare fiducia in se stesso e ricevere stima da parte dei docenti e dei
genitori.
Sarà un talento
intellettuale, creativo o solamente pratico o sportivo; non possiamo ottenere
tutto da tutti.
La massificazione è
sinonimo di annientamento della personalità.
Una scuola che non è
attenta e non lavora in questa direzione può incidere negativamente e per
sempre nella vita dei nostri figli.
E' pertanto doveroso che docenti
e genitori insieme facciamo sentire la propria voce e il proprio disappunto
quando è necessario, e in determinate gravi situazioni essere capaci di
praticare l'obiezione di coscienza.
Lo diceva Igino Giordani,
padre della Costituzione, che volle promuovere nella legislazione italiana l'obiezione
di coscienza.
Pasquale Lubrano
Lavadera
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