LIA LEVI: LA SPOSA GENTILE

 

Lia Levi

Tra le scrittrici italiane Lia Levi è quella che meglio esprime nei suoi romanzi una propensione al dialogo tra gli uomini di fedi e convinzioni diverse. Sempre nei suoi racconti le scelte e le posizioni personali sono viste come possibilità di scambio vicendevole di valori e non di scontro. Ancor più se questo dialogo poi viene praticato tra uomini le cui religioni hanno radici comuni, come tra ebrei e cristiani.

Lo abbiamo colto nella sua opera più importante La trilogia della memoria   e lo respiriamo anche nell’ultima sua opera La sposa gentile,  pubblicato sempre dalle Edizioni e/o: un libro che cattura, sorprende e lascia pensosi.

Pensosi per una vicenda originalissima piena di quella gioia e di quel dolore di cui è piena la vita, ma anche perché induce il lettore a riflettere sui rapporti tra le religioni e sul danno irreparabile che esse producono nella società quando si lottano tra loro.

I pregiudizi e gli integralismi  religiosi sono stati infatti  causa di guerre, di morti, di persecuzioni. Finanche il cristianesimo, nel momento in cui non ha saputo rispettare le scelte religiose diverse, ha compiuto azioni nefaste, in chiara opposizione ai principi cristiani che parlano di amore per tutti finanche per il nemico. E se il nemico mi si presenta sotto le forme di un uomo che si professa non cristiano, il dovere di amarlo non significa certamente bandirlo, disprezzarlo, annientarlo; ma piuttosto cercare di capirlo nelle sue scelte, diventargli compagno di viaggio, costruttore di quella fraternità universale per la quale Gesù ha pagato con la morte di croce. Francesco d’Assisi ci ha lasciato una testimonianza forte in tal senso.

 Teresa, la protagonista del romanzo della Levi, è una contadina, il cui rapporto con la propria religione cattolica è vissuto con istintiva semplicità e senza una consapevolezza di fede. L’incontro con Amos, giovane di religione ebraica, la porta a sperimentare la bellezza di un amore vissuto con slancio e generosità. Lontani da lei riflessioni di carattere teologico o pregiudizi per la religione altrui. Così pure Amos, che non vede nella diversa  cultura religiosa di Teresa un motivo di disturbo o un ostacolo al loro sentimento.

Quando più tardi, dopo il matrimonio, Teresa maturerà la convinzione di condividere l’esperienza religiosa del marito, lo farà non per un rifiuto della propria cultura ma solo perché mossa dal desiderio vivo di entrare fino in fondo nella vita di Amos, l’uomo che aveva rischiato tutto per sposarla, dandole prova di un amore assoluto.

Amos infatti aveva rifiutato decisamente la posizione della sua comunità ebraica che gli si fa ostile solo perché egli ama una donna di religione cristiana. E per questo amore è stato pronto a mettere a repentaglio la sua vita economica il suo futuro. 

Teresa dal canto suo, contadina, conosce solo i moti del cuore e il cuore gli ispira un sentimento troppo spesso trascurato nella vita di coppia: vuole e desidera con tutta se stessa il bene dell’amato e non il proprio. E’ questa molla che la spinge ad accostarsi sempre, in ogni circostanza, all’esperienza dell’uomo amato.

Reciprocamente Amos, ogni qualvolta Teresa, nella sua semplicità rivela desideri tipici di una donna cristiana, non cerca mai di contrastarla, anzi cerca di soddisfarla pienamente. Come quella volta in cui, accortosi dell’ammirazione di Teresa per una scultura che riproduceva la Madonna che abbracciava Gesù bambino, non esita a fargliene dono. 

La vicenda narrata, descritta con sapiente leggerezza e percorsa da una forte vena poetica, percorre tutto il primo novecento per fermarsi nel momento in cui Amos muore: sono gli  anni immediatamente prima della seconda guerra mondiale, proprio quando vengono promulgate in Italia le leggi antiebraiche.

Anche dopo la morte Amos lascerà un segno che si discosta dalla tradizione. Infatti, dinanzi al testamento, la famiglia e  l’intera comunità ebraica dovranno accettare un fatto nuovo. “Si Amos aveva annunciato e seguito la legge mosaica e lasciato i suoi averi ai figli maschi, ma era alla moglie che andava il completo usufrutto di tutto il patrimonio. Finchè fosse stata in vita era Teresa l’erede, la matriarca, la ricca.”

E Teresa, sorpresa ma felice per quell’inatteso ultimo dono d’amore, dinanzi a sua figlia Nerina che guarda con diffidente freddezza la scultura della Madonna con il Bambino Gesù che troneggia nella stanza dove lei dorme, non esita a rassicurare la figlia: “Quella Madonna mi è sempre piaciuta…”

 

Qualche anno prima, Rachele, la sorella di Amos si era sorprese intenta “a studiare quella sua bella cognata così quietamente appagata di sé…Cosa c’era ora a tenerli ancora così fortemente e arcanamente uniti?” E glielo chiese. Tesesa non si scompose, aveva solo faticato un po’ a trovare le parole. ‘Ma’ disse poi con tono esitante, ‘io voglio sempre che lui sia contento. E anche lui lo vuole per me. E’ tutto qui e aveva chinato il capo sul suo lavoro. ‘Gli altri matrimoni forse sono fatti di tante cose in più’ mormorò dopo senza guardare in faccia la cognata, ‘ma a me sembra che questa cosa se la dimenticano’.”

   E’ questo il segreto che Lia Levi con  La sposa gentile ci consegna. Chissà quante coppie in difficoltà, pur avendo la stessa  religione o nessuna religione,  vivendo il segreto di Teresa e Amos tornerebbero ad amarsi! Un segreto utile anche per il dialogo interreligioso tante volte annunciato ma poi svilito nella quotidianità della vita, perché ci si dimentica spesso di uno dei valore fondamentali della convivenza: accettarsi e rispettarsi profondamente nella diversità.

 

Pasquale Lubrano Lavadera

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