LIA LEVI: LA SPOSA GENTILE
Lia Levi |
Lo abbiamo colto nella sua opera più importante La trilogia della memoria e lo respiriamo anche nell’ultima sua opera La sposa gentile, pubblicato sempre dalle Edizioni e/o: un libro che cattura, sorprende e lascia pensosi.
Pensosi
per una vicenda originalissima piena di quella gioia e di quel dolore di cui è
piena la vita, ma anche perché induce il lettore a riflettere sui rapporti tra
le religioni e sul danno irreparabile che esse producono nella società quando
si lottano tra loro.
I
pregiudizi e gli integralismi religiosi
sono stati infatti causa di guerre, di morti,
di persecuzioni. Finanche il cristianesimo, nel momento in cui non ha saputo
rispettare le scelte religiose diverse, ha compiuto azioni nefaste, in chiara
opposizione ai principi cristiani che parlano di amore per tutti finanche per
il nemico. E se il nemico mi si presenta sotto le forme di un uomo che si
professa non cristiano, il dovere di amarlo non significa certamente bandirlo,
disprezzarlo, annientarlo; ma piuttosto cercare di capirlo nelle sue scelte,
diventargli compagno di viaggio, costruttore di quella fraternità universale
per la quale Gesù ha pagato con la morte di croce. Francesco d’Assisi ci ha
lasciato una testimonianza forte in tal senso.
Quando
più tardi, dopo il matrimonio, Teresa maturerà la convinzione di condividere l’esperienza
religiosa del marito, lo farà non per un rifiuto della propria cultura ma solo
perché mossa dal desiderio vivo di entrare fino in fondo nella vita di Amos, l’uomo
che aveva rischiato tutto per sposarla, dandole prova di un amore assoluto.
Amos infatti aveva rifiutato decisamente la posizione della sua comunità ebraica che gli si fa ostile solo perché egli ama una donna di religione cristiana. E per questo amore è stato pronto a mettere a repentaglio la sua vita economica il suo futuro.
Teresa
dal canto suo, contadina, conosce solo i moti del cuore e il cuore gli ispira
un sentimento troppo spesso trascurato nella vita di coppia: vuole e desidera
con tutta se stessa il bene dell’amato e non il proprio. E’ questa molla che la
spinge ad accostarsi sempre, in ogni circostanza, all’esperienza dell’uomo
amato.
Reciprocamente Amos, ogni qualvolta Teresa, nella sua semplicità rivela desideri tipici di una donna cristiana, non cerca mai di contrastarla, anzi cerca di soddisfarla pienamente. Come quella volta in cui, accortosi dell’ammirazione di Teresa per una scultura che riproduceva la Madonna che abbracciava Gesù bambino, non esita a fargliene dono.
La
vicenda narrata, descritta con sapiente leggerezza e percorsa da una forte vena
poetica, percorre tutto il primo novecento per fermarsi nel momento in cui Amos
muore: sono gli anni immediatamente
prima della seconda guerra mondiale, proprio quando vengono promulgate in
Italia le leggi antiebraiche.
Anche
dopo la morte Amos lascerà un segno che si discosta dalla tradizione. Infatti,
dinanzi al testamento, la famiglia e
l’intera comunità ebraica dovranno accettare un fatto nuovo. “Si Amos
aveva annunciato e seguito la legge mosaica e lasciato i suoi averi ai figli
maschi, ma era alla moglie che andava il completo usufrutto di tutto il
patrimonio. Finchè fosse stata in vita era Teresa l’erede, la matriarca, la
ricca.”
E
Teresa, sorpresa ma felice per quell’inatteso ultimo dono d’amore, dinanzi a
sua figlia Nerina che guarda con diffidente freddezza la scultura della Madonna
con il Bambino Gesù che troneggia nella stanza dove lei dorme, non esita a
rassicurare la figlia: “Quella Madonna mi è sempre piaciuta…”
Qualche
anno prima, Rachele, la sorella di Amos si era sorprese intenta “a studiare quella
sua bella cognata così quietamente appagata di sé…Cosa c’era ora a tenerli
ancora così fortemente e arcanamente uniti?” E glielo chiese. Tesesa non si
scompose, aveva solo faticato un po’ a trovare le parole. ‘Ma’ disse poi con
tono esitante, ‘io voglio sempre che lui sia contento. E anche lui lo vuole per
me. E’ tutto qui e aveva chinato il capo sul suo lavoro. ‘Gli altri matrimoni
forse sono fatti di tante cose in più’ mormorò dopo senza guardare in faccia la
cognata, ‘ma a me sembra che questa cosa
se la dimenticano’.”
E’ questo il segreto che Lia Levi con La sposa
gentile ci consegna. Chissà quante coppie in difficoltà, pur avendo la
stessa religione o nessuna religione, vivendo il segreto di Teresa e Amos
tornerebbero ad amarsi! Un segreto utile anche per il dialogo interreligioso
tante volte annunciato ma poi svilito nella quotidianità della vita, perché ci
si dimentica spesso di uno dei valore fondamentali della convivenza: accettarsi
e rispettarsi profondamente nella diversità.
Pasquale
Lubrano Lavadera
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