Mazze e panelli fanno i figli bruti
A
scuola o in famigli quando un ragazzo è refrattario alle regole, la parola punizione
deve scomparire dal lessico educativo. Bisogna parlare invece di correzione e
di necessità delle regole.
Soprottutto oggi in cui l'uso smodato dei nuovi mezzi della tecnologia informatica impazza, e il bullismo si estende dall'infanzia alla gioventù
Spesso le regole, soprattutto in famiglia, vengono
confuse con la punizione e questo è un errore pedagogico molto grave, in quanto
la punizione è privazione che porta sofferenza; la regola invece è acquisizione
di comportamenti e di scelte che portano
equilibro, rispetto reciproco,
uguaglianza e armonia.
Se
nel gioco occorre un regolamento, e il ragazzo lo comprende e lo accetta, anche il “gioco della vita” lì dove si è in
più persone a condividere una scelta, un progetto, un evento, necessita di
regole fondamentali.
Nasce
allora la domanda: Quando il ragazzo infrange le regole cosa fa l’educatore?
Lo
corregge, facendogli comprendere il danno provocato dalla sua scorrettezza e lo
invita a comportamenti che rispettano le regole necessarie alla vita
associativa della scuola o della
famiglia.
Il
problema nasce quando il ragazzo proviene da una famiglia in cui non si vivono
le regole e di conseguenza lui è sprovvisto di questa capacità.
Ricordiamo
che ogni processo educativo è finalizzato al raggiungimento di certi risultati
intellettivi (sviluppo delle varie capacità) e comportamentali (acquisizione di
regole).
Fra
questi obiettivi c'è certamente lo sviluppo dell'accettazione delle regole che
è strettamente legato allo sviluppo della volontà non sempre posseduta dal
ragazzo. Due capacità importamtissime per
una vita armoniosa all'interno di ogni sistema sociale, piccolo (famiglia) o
grande come la scuola .
Come
arrivare a sviluppare nel ragazzo queste due capacita che potenzialmente sono possibili
in tutti gli esseri umani.
Intanto
l’educatore cercherà di stabilire un rapporto educativo empatico di comunione,
condivisione, collaborazione e ricerca comune. Senza questo tipo rapporto, è
difficile che il ragazzo riesce a
connettersi con l’educatore, ossia riesca ad accogliere serenamente (e non per paura della
punizione) quanto egli dice o propone,
finanche l'invito a rispettare le regole per un corretto funzionamento del
vivere.
E'
fondamentale quindi stabilire rapporto
educativo che genera una relazione educativa di reciprocità capace di
connettere il ragazzo con l’educatore inquanto
egli percepisce che è accanto a lui per incoraggiarlo sostenerlo aiutarlo a
svolgere determinati lavori.
Quando
l’educatore trova disarmonico e scorretto il comportamento di un ragazzo,
solitamente lo giudica negativamente anche a voce alta (sei stupido, scorretto,
sei cattivo, sei negato, violento,
maleducato. fannullone), diversamante per un ragazzo che trova bene inserito e
che applica correttamente le norme (bravo, corretto giudizioso…).
L’educatore
in entrambi i casi ha abbandonato il suo ruolo di educatore ed ha rotto la
relazione educativa, che non deve mai condurre al giudizio sulla
persona e stabilire chi è buono e chi è
cattivo, ma confermare il comportamento e l’acquisizione corretti o correggerli
li dove c’è stato l’errore o la scorrettezza.
Al
ragazzo che ha svolto il suo ruolo correttamente dirà: vedo che quello che hai fatto
è stato eseguito con impegno e attenzione…all’altro dirà: vedo che non sei
ancora riuscito ad applicare bene quanto ti avevo indicato di fare!
L’educatore
non giudica il ragazzo: buono o cattivo impegnato o disimpegnato, ordinato o
disordinato…ma osserva quello che il ragazzo fa e conferma in suo operato se è fatto bene,
sollecita a migliorare la prestazione se non è stata fatta bene senza
togliergli la fiducia e la stima
Se
poi il ragazzo sollecitato non riesce a migliorare la prestazione, allora l’educatore
cercare di capire quali possono essere le cause che impediscono un
miglioramento della prestazione e cercherà di mettere in atto opportuni e specifici interventi. E lo farà, cercando di
mantenere sempre la relazione di mutualità empatica con il ragazzo.
Comptendiamo
che non sarà facile raggiungere subito l'obiettivo “applicazione delle regole”,
se il ragazzo è privo di questa capacità, in quanto l’educatore gli sta
proponendo qualcosa che non riflette il suo vissuto.
Per
esempio se un ragazzo proviene da un paese dove in casa si vive a piedi
nudi sarà per lui un tormento avere in
casa o a scuola le scarpe. Potrà certamente entrare pian piano in questo nuovo
sistema di vita, e questo sarà possibile solo se trova empatia, accoglienza,
fiducia e sostegno nell’educatore e nell’ambiente in cui vive.
Il
gioco, e in particolare il gioco di squadra, dice la Montessori, è uno degli
strumenti fondamentali per comprendere
l’importanza delle regole, per cui lei considerava questi giochi, un vero
lavoro intellettivo, essenziale nella
vita del bambino e del ragazzo anche a scuola con gli altri compagni. Attraverso
tali giochi si offre all’alunno, che non è abituato a considerare le regole, la
consapevolezza che senza la condivisione c'è solo il caos e l’impossibilità di
giocare.
Ancora
una parola sulla punizione.
In
genere la punizione è un atto che toglie
qualcosa al ragazzo, generalmente qualcosa
che il ragazzo ama. Di conseguenza il ragazzo soffre.
Si
è stati convinti per troppo tempo che sottraendo
al ragazzo qualcosa che egli ama e procurandogli sofferenza, o esercitando la
violenza (botte, sculaccite, schiaffi o bacchette sulle mani) poteva nascere in
lui una riflessione sul proprio comportamento e quindi una modifica di esso.
Con
gli animali, sull’addestramento in laboratorio (insegnare a un topolino un
percorso anziché un altro) si usa proprio questo metodo.
L’educatore
del passato ha sempre pensato che anche per gli esseri umani adulti o bambini si
potesse trarre beneficio dal dolore dovuto alla perdita di qualcosa o dalla sofferenza
fisica
Ma
la mente del ragazzo o dell’adolescente o dell’adulto non è come la mente
dell’animale. Gli studi sulla mente umana infatti hanno fatto un grande passo
avanti nel 900 e così pure le ricerche sulle reazioni al dolore e alla gioia.
Oggi
si è giunti a comprendere che non c’è
conoscenza profonda, non c’è scoperta efficace, non c’è modica sostanziale di
comportamenti errati in una realtà in
cui i rapporti sono privi di empatia, privi di profonda accettazione, privi di
condivisone, privi di stima e fiducia, privi di interesse vitale, privi di
gioia , ossia in una realtà che non soddisfi i bisogni vitali dell’essere umano
Un
ragazzo che deve modificare il suo comportamento disarmonico ha bisogno di
giungere alla scoperta di qualcosa che può dargli gioia, consapevolezza di sé,
dominio di sé, capacità di relazionarsi con armonia con gli altri.
Solo
quando il ragazzo raggiunge tale scoperta, in una dimensione di reciprocità, di
aiuto vicendevole, di ricerca comune si realizza la reale possibilità di andare oltre il già
posseduto mettendo in moto la volontà e rispondendo positivamente agli stimoli
dell’educatore.
Solo
in tale clima egli scopre la regola, ogni regola come necessaria e utile e indispensabile alla proprio
vita con gli altri.
Per
questo la psicologia oggi dice che una scuola che non pone al primo posto il
bene relazionale, da costruire giorno per giorno, creando vitali rapporti
educativi è una scuola che non forma non orienta non corregge non stimola la personalità di ogni alunno.
Solo li dove si realizzano corrette relazioni
di reciprocità di mutualità di condivisione e di ricerca comune si crea quella
realtà educativa che produce i suoi effetti nella mente dei ragazzi e li
dispone secondo la loro intelligenza all'apprendimento di contenuti e a
comportamenti socialmente costruttivi
nel rispetto delle regole condivise.
La
mente umana (andrebbe letto e riletto il libro La mente del bambino
della Montessori) è un grande laboratorio complesso e delicato che può
apprendere cose molto difficili solo osservando e sperimentando, ma necessariamente
in un ambito in cui sono soddisfatti i
suoi bisogni fondamentali (ricordiamo sempre che la mente del bambino apprende
l’operazione intellettiva più ardua,
ossia il linguaggio, da solo, osservando gli adulti)
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