In crescita vertiginosa il numero degli studenti che abbandonano la Scuola

Piero A. Cavaleri


 Tutti pensano più o meno che se la Scuola funzionasse meglio la società ne avrebbe qualche vantaggio in più, anche perché dopo l'esperienza familiare la scuola è l'unico grande laboratorio sociale che il ragazzo vive dall'infanzia fino all'età adulta. E poiché i ragazzi e i giovani sono il futuro della nostra società, dal buon funzionamento della Scuola dipenderà anche il nostro futuro nei rapporti sociali, nell'economia, e in campo lavorativo.

   Ma quando una Scuola funziona bene?
   Qui si apre un grande ventaglio di offerte formative, spesso anche in contrasto tra loro, di fronte al quale il Ministero della Pubblica Istruzione tenta di volta in volta di portare proposte, correzioni. aggiusti, trasformazioni, visioni unitarie, che si rivelano alcune volte utile, altre volte in contrasto con esperienze pedagogiche già collaudate, ed anche  insoddisfacenti.
   E' l'esperienza vissuta in questi ultimi decenni: il docente spesso smarrito di fronte a questi continui e ripetuti cambiamenti, più di carattere ideologico che pedagogico, si chiude in se stesso e agisce secondo le proprie convinzioni.
   Di qui una Scuola di fatto frantumata, dove i Collegi dei docenti, per i ripetuti accorpamenti, risultano numerosi (120-150 docenti) e quindi poco efficienti  e dove prevale normalmente la proposta dello Staff dirigenziale. Tuttavia una Scuola che, caparbiamente, punta  all'efficienza in termini numerici e che si appoggia tante volte impropriamente alle prove statistiche imposte dall'alto. 
   Dico impropriamente perché tali prove (le cosiddette INVALSI) non hanno alcun  scopo valutativo, ma servono solo a fotografare la realtà e ad avere un quadro complessivo della realtà scolastica.
   Inoltre il mondo della pedagogia lo sappiamo è molto variegato e sempre in movimento; quello che diceva Piaget all'inizio del 900 sul quoziente intellettivo oggi è del tutto superato dai risultati scientifici di Gardner sull'intelligenze multiple. 
   In questo quadro certamente non ottimale  si registra un fenomeno nuovo soprattutto al Nord: crescono di anno in anno gli studenti che si assentano continuamente e gli abbandoni scolastici e le bocciature risultano alte soprattutto nei primi anni degli Istituti superiori dove  il carico cognitivo risulta insistente e superiore alla portata degli studenti (basta guardare i forte dislivello fra i libri di testo della prima superiore e quelli della terza media). 
   Fatto, quest'ultimo, di per sé, molto grave in quanto ci troviamo ancora nella fascia dell'obbligo, ossia in quel periodo molto delicato del processo evolutivo che chiederebbe ancora nei confronti degli studenti  accoglienza, fiducia e stima per un corretta individuazione dei talenti e delle reali capacità di ciascuni di essi  e per un valido orientamento per il loro futuro.
   Di fronte a tale nuovo scenario la "classe docente" è divisa e spesso  in conflitto sulla metodologia. Tale contrasto si presenta in quasi tutti gli istituti e danneggia fortemente la funzione unitaria della Scuola, né le dispositive ministeriali riescono ad arginare questa frantumazione. 
  Molti docenti infatti  ritengono, senza batter ciglio, che la Scuola sia il luogo dove primariamente si studiano determinati contenuti e si acquisiscono competenze; altri docenti invece intendono la Scuola come il luogo nel quale primariamente lo studente, nella sua nuova e complessa situazione, viene accolto e aiutato a sviluppare la propria intelligenza per acquisire sempre più capacita intellettive e orientarsi per il suo futuro.
   Due visioni che non dovrebbero contrapporsi, ma armonizzarsi tra loro; la qualcosa non avviene per cui in una stessa "classe di alunni" troviamo docenti fermi sulla prima posizione ed altri sulla seconda con l'assunzione di metodi molto diversi tra loro.
   Si comprende allora che in tal modo si frantuma l'efficienza scolastica e la credibilità dell'istituzione Scuola con  il relativo  danno soprattutto a carico degli studenti e delle famiglie, li dove non si realizza un confronto costruttivo  e dove il "rapporto" docente alunno è spesso sfalsato e poco idoneo a favorire  la sperimentazione doverosa in queste classi del biennio. 
   
   Come sappiamo ogni "rapporto" è la cellula base del vivere sociale. Se questi rapporti sono corretti e positivi e improntati alla reciprocità. l'esperienza che nasce è esperienza di autentica crescita culturale e sociale, diversamente avremo rapporti disgreganti e generativi di conflittualità e violenze.
   E nella Scuola  è ormai sperimentato che senza un corretto "rapporto educativo" sia la trasmissione del sapere sia l'aiuto a sviluppare la propria intelligenza risulteranno sempre esperienze monche, umanamente fallimentari, in quanto verrà a mancare il basamento su cui l'esperienza scolastica potrebbe elevarsi.
   Ma come ben sappiamo tale rapporto educativo, come ogni altro rapporto, per crescere e maturare ha bisogno di un percorso che sia i docenti sia gli studenti dovrebbero attuare. 

   Oggi la psicologia (vedi nota) ci viene in aiuto e  ci dice con chiarezza che esiste una "grammatica relazionale" senza l'applicazione della quale il "bene relazionale" all'interno di ogni rapporto è vanificato, con gravi danni sociali li dove esso è indispensabile.
   Senza questo "bene relazionale" condiviso, il rapporto educativo è deficitario e  prevale lo scontro e il conflitto tra studenti e tra studenti e docenti. (Episodi di conflitti degenerativi si stanno presentando sempre più in questi ultimi anni).
   Quindi la Scuola, in ogni suo Istituto, nel presentare il piano di offerta formativa, dovrebbe avere una speciale attenzione a porre al primo posto tra i suoi obiettivi quello di realizzare in ogni classe tale "bene relazionale" ed applicare quella "grammatica" comportamentale che offrirebbe ai docenti e agli studenti la possibilità di costruire "rapporti" sani e responsabili, nel pieno rispetto reciproco dei ruoli,  aiutando però studenti e docenti a star bene insieme ed affrontare qualunque esperienza di apprendimento, senza tuffarsi nell'espediente delle assenza e senza essere più tentati di abbandonare gli studi.
Pasquale Lubrano Lavadera


nota: Piero A, Cavaleri, Vivere con l'altro, Città Nuova 2007

Commenti

Post popolari in questo blog

IL BAMBINO AL CENTRO DI OGNI PROCESSO EDUCATIVO - IL METODO MONTESSORI OGGI

OCCORRE UNA TRASFORMAZIONE NEL BIENNIO DELLE SUPERIORI

Mazze e panelli fanno i figli bruti