LA DISUMANITA' DELLA GUERRA
Guerra in Siria |
I nostri libri scolastici nel dividere la Storia dalla Preistoria,
ossia dell’epoca degli uomini primitivi e selvaggi, ci inducono a pensare che dopo quel periodo selvaggio duro e violento, sia cominciata l’epoca delle civiltà, l’epoca del
progresso e che di conseguenza l’uomo primitivo sia del tutto scomparso e con
esso la Preistoria, e che nessun paragone debba farsi, oggi, tra le guerre degli uomini
preistorici e quelle venute dopo.
Ho molti dubbi a riguardo!
Seppure ammantati di
modernità, di progresso e di civiltà, le
guerre sia del passato che quelle in atto in questo terzo millennio, sono la diretta continuazione delle violenze preistoriche, che si avvalgono, si, dei ritrovati delle scienze tecnologiche, ma che nella sostanza, nel nucleo fondamentale, restano identiche a quelle che gli uomini selvaggi
della preistoria esercitavano.
Lo scrittore e politico francese Lamartine, nel 1840,
nei suoi discorsi alla Camera cercava di far capire ai politici del suo
tempo che, fin quando l’uomo considererà la guerra una realtà normale, da
esercitare secondo le necessità politiche, l’umanità ritornerà a inabissarsi nella preistoria,
ossia in un’epoca in cui l’uomo esercitava unicamente sugli altri uomini il
principio di dominazione sul quale fondava
e organizzava e la convivenza umana.
E fu proprio Lamartine a ritenere Napoleone uno degli
uomini più selvaggi e primitivi dell’intera
Europa, in quanto stava devastando con
le sue guerre di dominio l’intero continente. Lo denominò a voce alta come l’Usurpatore,
ossia colui che come il leone nella giungla, forte dei suoi poteri e della sua forza bellica, riteneva normale aggredire e possedere altre nazioni,
lasciando morire migliaia e migliaia di giovani sui campi di battaglia.
E pertanto non esitò a
gridare in Parlamento il suo "no
alla guerra", ritenendola un omicidio e
suicidio legalizzato. Era assurdo e
abominevole esercitare il proprio potere comandando a migliaia di giovani vite
di armarsi e scaraventarsi contro altri giovani per ammazzarli.
Quanta retorica falsa ed ipocrita è fiorita nei secoli intorno all’amor di patria per giustificare
queste inutili e orrende carneficine. Mio padre parti nel 1949 per l’Albania convinto di andava a difendere la patria: così scriveva a mia madre nelle sue lettere. Solo
sulle montagne albanesi si rese conto che erano andati in Albania solo per
togliere la patria agli albanesi e ai greci per estendere il dominio degli
italiani e mostrare i muscoli all'alleato germanico.
Dobbiamo oggi capire come poter sconfiggere questo abominevole
uso della guerra che attualmente viene esercitato in più di 50 punti
della terra, uccidendo milioni di vite umane e distruggendo interi territori.
Basta pensare alla guerra in Siria che dura da più di 13 anni con un numero di morti enorme e con intere
città distrutte.
I libri di storia sono tutti da cambiare perché
raccontano le guerre non come il male in azione ma come la più normale attività
storica dei popoli.
Se un uomo uccide una donna, tutti denunciano
quell’omicidio come “il male”. Ma se uno
Stato occupa una nazione facendo morire centomila giovani il libro di storia non afferma che quello Stato
è uno Stato perverso maligno e violento.
Abominevoli poi tutti i film che presentano la guerra
e ogni altro tipo di violenza esercitata dall’uomo sull’uomo come fatto
naturale e lecito, addirittura come spettacolo. Essi sono culturalmente
lesivi e fomentano la cultura della
normalità della violenza dell’uomo sull’uomo.
Se l’umanità permette a un capo di Stato di mandare a
morte i suoi soldati e di uccidere i soldati nemici, stiamo percorrendo la
strada verso l’autodistruzione, perché ogni uomo si sentirà libero di
esercitare la violenza quando gli aggrada o quando vuole manifestare la sua
potenza su un altro uomo o su una donna.
Senza quasi rendercene conto siamo scivolati ancora nella preistoria è nella giungla e i progressi della civiltà, che pure ci sono, oscurati dall'esercizio della violenza degli Stati, resi effimeri e poco incisivi nell’animo umano.
Tristissima e dolorosa realtà. L’uomo di fronte ad esempi eclatanti di bramosia, di
gloria, di super poteri dominatori, ritorna inconsciamente ad essere il selvaggio
della giungla, che esercita anche nel suo piccolo dominio il principio del leone.
Napoleone era l’usurpatore ma era anche
l’imperatore con lo corona d’oro in
testa e c’è chi ancora lo venera come un grande uomo, solo perché, nel suo
smodato desiderio di potenza volle allargare i confine del suo regno. Che poi
questo suo smodato desiderio abbia causato cumuli
di cadaveri sui campi di battaglia, costituiva un fatto del tutto secondario, quasi necessario, qualcosa di così poca
importanza da non impedirgli di dichiarare altre assurde guerre.
Se pensiamo anche noi così, come spesso i libri
di Storia ci costringono a pensare, purtroppo siamo avvolti da una nebbia che ci riporta nella preistoria.
Nasce allora la domanda: ci allontaneremo mai definitivamante dalla presistoria per dare inizio alla vera Storia?
Come scriveva la scrittrice Anna maria Ortese, ci allontaneremo dalla preistoria, quando su questo piccolo “corpo Celeste” che è la Terra sarà presente nella coscienza del maggior numero di
persone il valore della vita umana, di
ogni vita, e si lavorerà insieme tutti per proteggere e curare questa vita.
Possiamo aggiungere: quando tutti i giovani
del mondo eserciteranno con diritto l’obiezione coscienza, e diranno no alla guerra perché la
famiglia umana è una sola, e siamo tutti
fratelli, affermando con forza “io non vado ad ammazzare un fratello”, come fece Caino.
Quando le famiglie diranno no ai libri di
Storia come sono presentati oggi.
Quando ascolteremo con più attenzione l’uomo di Nazaret, il Cristo, che
parlò di amore tra gli esseri umani, di amore al nemico, di perdono, e prego, prima di morire, il Padre perché tutti comprendessero che la famiglia umana è una sola. E, per aver osato
manifestare questo suo pensiero, ai notabili del suo tempo, venne ucciso fuori le mura di Gerusalemme come
il peggiore degli assassini.
Poteva iniziare allora la Storia, ma gli uomini fecero fatica ad
accogliere quella sua proposta di vita e
si ritornò spesso nella “preistoria”. Le ultime due guerre mondiali ne sono testimonianza viva e crudele
E proprio durante l'altima grande guerra, una giovane donna italiana maestra e studentessa di filosofia a Venezia, Chiara Lubich, di fronte a quell'odio mortale che stava investendo il mondo, volle dare ascolto alle parole del Cristo e fece propria quell'ultima sua peghiera: "Padre che tutti siano una sola cosa" e coinvolse sotto le bombe coetanei, famiglie, preti, politici uomini di qualsiasi convinzione per costruire intorno a noi "una cultura di pace per l'unità dei popoli."
L'invito di questa giovane donna risuona ancora oggi nella vita di tanti in quasi tutte le nazioni del mondo, e ci sprona a lavorare ancor di più oggi che corriamo il rischio di una nuova catastrofe mondiale.
Lavorare insieme per la fraternità universale, per sconfiggere questo seme di violenza e di dominazione che ancora alberga in tanti esseri umani, realizzando ovunque nelle nostre città, quel dialogo costruttivo della vita nel rispetto di ogni idea o religione e senza mai usare forme di violenza e affrontando invece insieme i gravi problemi che affliggono l’uomo contemporaneo a cominciare dalla povertà in grande aumento "con vigore".
Pasquale Lubrano Lavadera
Autore del libro Anna Maria Ortese e l?isola di Procida: Storia di un epistolario (IOD edizione)
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