E' UTILE O DANNOSA LA SEVERITA' A SCUOLA?
1 - Una Scuola che educhi alla pace, alla relazione,
alla solidarietà.
I sistemi educativi messi in atto nelle nostre scuole
non sempre preparano i nostri figli ad affrontare le difficoltà che la società
oggi presenta. I ragazzi si sentono soli e spesso traditi dalla Scuola. E, come
se niente fosse avvenuto in questi anni, si continua a preparare i ragazzi ad
obbedire ciecamente agli direttive degli insegnanti.
Il "Modello Dominazion", come afferma Riane
Eisler, viene ancora imposto come normale.
La riforma della "buona scuola"
italiana ha peggiorato di molto la situazione. Occorrerà da parte del Ministero
una sostanziale e profonda riforma se vogliamo che la scuola educhi
alla pace, alla relazione, alla solidarietà e all'integrazione. Sono ancora
troppo poche le scuole italiane che hanno posto questi obiettivi nel loro piano
di offerta formativa.
Primo compito di una scuola che sia veramente
educativa è quello di "preparare i bambini ad apprendere, nel
corso della vita, a relazionarsi bene con se stessi e con gli altri, ad essere
creativi, flessibili, aperti, e a praticare l'empatia, non soltanto nei
confronti dei loro cari, ma di tutta l'umanità".[1]
Lo afferma anche lo psicologo Pietro A, Cavaleri
quando dice che ogni scuola dovrebbe mettere al primo posto di ogni
programmazione didattica "il bene relazionale", ossia la capacità di
sapersi relazionale con se stessi e con gli altri, senza la quale
ogni realtà sociale diventa fonte di conflitti e divisioni.[2]
Marshall B.
Rosenberg afferma, poi, che ogni processo educativo, e quindi anche
quello offerto dalla Scuola in primo luogo, deve arricchire la vita, ossia
allargare le nostre visioni, dare gioia al cuore e allo spirito. Si
dovrebbe uscire ogni giorno da scuola soddisfatti e grati per aver vissuto
quella giornata con gli altri e per gli altri, ricchi interiormente
di quanto appreso.[3]
E' stato così? Oggi è così?
Qualche volta sì, ma spesso non è
così. L'educazione tradizionale non ci ha resi liberi e
creativi, non ci ha educati al bene relazionale, non ci ha aperti al dialogo
con tutti, né ci ha offerto la possibilità di esercitare
liberamente il diritto alla critica e di offrire il proprio punto di
vista senza litigare, né ci ha preparato alla collaborazione e alla ricerca
comune.
E questo non per una cattiva coscienza dei docenti o
dei dirigenti scolastici, ma perché l'Istituzione scuola doveva servire al
Sistema che aveva plasmato nei secoli la
formazione sociale, attraverso il "Modello Dominazione" e la relativa
"violenza" insita in tale modello, presentasta come unico
e insostituibile metodo educativo di sopravvivenza.
Pertanto i programmi scolastici sono stati sempre
elaborati in funzione del Sistema e "presentavano la Dominazione come
normale e a volte persino desiderabile - come quando nelle lezioni di storia i
bambini devono imparare le date delle battaglie e delle guerre, e quando devono
imparare poemi epici nei quali la conquista violenta è dipinta come eroica e
virile."[4]
Infatti ancora oggi, per tutti noi, parlare di
Dominazione spagnola, austriaca, parlare di guerre, di distruzione, di
uccisioni è un fatto normale. Lo dimostrano i nostri libri di
storia. Mai nessuno ci ha messi sul chi va là, per aprire in
noi una visione critica negativa di una siffatta storia.
E questo perché le istituzioni educative, al pari del
Sistema sociale, ad ogni livello, si sono basate sulla Dominazione che
poggia la sua "forza" sulla capacità di imporre all'altro il proprio
pensiero, la propria volontà, la propria idea.
Il "Modello Dominazione" impone una
struttura gerarchica che si realizza in maniera piramidale dove chi
sta più in alto domina chi è sotto di lui. Finanche la famiglia che è comunità
d'amore si è strutturata su tale modello.
Di conseguenza la stessa scuola non poteva essere da
meno.
Il Preside esegue quanto stabilisce il
Provveditore, Il provveditore esegue quanto stabilisce il Ministero. L'alunno è
l'ultimo anello della catena.
Nella modello dominazione non esiste il potere come
servizio, ma il potere come affermazione di una superiorità imposta,
strutturata per gradi.
In pratica il Sistema che ha informato e formato la
Scuola non ha mai sperimentato un progetto costruito
insieme con gli alunni, ma ha voluto solo trasmettere agli alunni un
qualcosa che è stato definito utile a loro da chi era al di sopra di lui.
E questo è avvenuto anche nella famiglia nei luoghi di
lavoro, nelle comunità sociali, nelle nazioni, dove sono nati modelli
abbastanza rigidi da conservare e perpetuare.
In che modo conservare tale modello?
"Se non ti comporti in questo modo sarai
punito", quindi l'esercizio della paura. "Se non studi quanto ti ho
assegnato avrai un brutto voto e metterai a rischio la promozione",
"Se non ti adegui a questo sistema di lavoro, sarai
licenziato."
Autoritarismo, paura e forza come elementi
costitutivi di un Sistema sociale basato sul "Modello Dominazione."
Si comprende allora il perché dopo circa 7 o 8 mila
anni che l'umanità si è formata e strutturata su questo modello, la
democrazia fa oggi fatica a radicarsi nelle nostre società e spesso singulti di
sovranismo si affacciamo con sguardo famelico per riprendersi quello
che la democrazia cerca, seppur faticosamente, di modificare.
Le conquiste democratiche della scuola degli anni 60,
70. 80 sono oggi spesso messe in discussione ed è comparsa la figura del
Dirigente, non più il Preside o l'Ispettore didattico che pone la pedagogia al
centro delle scelte interne, ma il Dirigente deus ex machina onnipotente
che può alzare o abbassare la spada a seconda delle circostanze sull'intero
sistema.
I grandi liberi pensatori, invece sono stati quelli
che da sempre si sono opposti al "Modello Dominazione"; ne citiamo
alcuni: Cristo, Gandhi, Giordano Bruno, Martin Luther King, e tanti altri, ma
quasi sempre il Sistema li ha messi nell'angolo, e spesso anche uccidendoli.
Passi avanti, grazie anche a questi esempi luminosi,
si sono fatti in tutti i campi, nel campo religioso, psicologico, scientifico,
ambientale e anche nel mondo della Scuola, altrimenti oggi non
staremmo qui a auspicare una scuola che sconfigga definitivamente il "Modello
Dominazione" per attuare un modello democratico e rispondente ai bisogni
reali di oggi.
Sappiamo di tante esperienze positive in tal senso,
tuttavia il progresso e l'avanzamento verso una scuola che rifiuti tale
modello, non è lineare ed oggi si assiste in tante scuole ad
un rigurgito di efficientismo a tutto scapito della formazione umana, del bene
relazione, della reciprocità e della collaborazione.
Tuttavia le piccole conquiste democratiche ottenute in
questi ultimi 50 anni ci aprono spiragli e ci consentono
di riaprire un dibattito nuovo sulle possibilità di portare
nell'umanità un contributo educativo, attraverso le scuole, verso
orizzonti di pace, di non violenza, di umana e piena fraternità fra
tutti gli uomini.
Soprattutto è più che mai urgente creare nelle classi
veri e propri laboratori educativi per aiutare i giovani a costruire relazioni
di reciprocità. Sperimentare queste relazioni è molto importante anche per i
bambini che sono sottoposti ogni giorno a scene di sopraffazione e di rapporti
violenti.
Sì una scuola oggi dovrebbe essere il luogo
privilegiato dove si possano sperimentare rapporti tra docenti e
studenti come partner, come collaboratori, dove si possano condividere idee e
sentimenti e dove ogni studente possa sentirsi pienamente ascoltato e
valorizzato, nella consapevolezza che offrendo tali
relazioni ai giovani non solo promuoviamo una loro crescita umana, ma offriamo
un grande contributo per la costruzione di una società meno
violenta, più giusta, più democratica.
Noi auspichiamo sempre tutto una scuola che promuova
cultura di pace e di reciprocità, sapendo che da sempre c'è stato chi
nell'umanità ha sentito fortemente questa esigenza, a partire da
Lamartine nell'800, Carl Rogers, Marshall B. Rosenberg, Chiara
Lubich, Don Lorenzo Milani e Maria Montessori, Gianni Rodari nel 900 e fra i
nostri contemporanei Roberto Roche, Mariapia Valediano, Piero A. Cavaleri,
Eraldo Affinati e Alessandro D'Avenia e tanti altri.
Le loro idee e la loro esperienza ci aiuteranno a
tracciare un itinerario su cui incamminarci per una scuola che favorisca questo
importante cambiamento.
[1] Riane
Eisler, Prefazione al testo di Marshall B. Rosemberg, Educazione che
arricchisce la vita" 2005 Esserci edizioni, p 5.
[2] Pietro A.
Cavaleri, Vivere con l'altro, 2007, Città Nuova Editrice
[3] Marshall
B. Rosenberg, Educazione che arricchisce la vita, 2005 Esserci
Edizione
[4] Riane
Eisler, Ibidem, p. 6
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