PUO' UNA SCUOLA DIVENTARE DISUMANA?
Può una scuola diventare disumana? E' una domanda che più volte è affiorata nella mia vita di insegante. E sempre mi sono riportato ai miei anni scolastici dove ho vissuto momenti belli e creativi ma anche momenti dolorosi e tragici.
Addebitavo
logicamente la responsabilità ai docenti e ai compagni senza rendermi ancora conto che
molto spesso è il sistema scolastico che induce scelte giuste o
aberranti.
Oggi
sono più che mai convinto che la scuola attraverso gli insegnanti è chiamata in
primo luogo a rendere più umana la vita dei nostri figli, i quali vivono
proprio nella scuola la loro prima esperienza sociale e che determinerà non
solo la loro formazione ma anche il modo di rapportarsi con gli altri.
E
questo vale sempre, ma in modo speciale nella scuola primaria e nella media di
primo grado in quanto esse accolgono i ragazzi e le ragazze in un momento tra i
più delicati del loro processo evolutivo.
Se
un insegnante sceglie di lavorare in una scuola elementare o in una scuola
media dell'obbligo, secondo la nostra Costituzione, non deve puntare primariamente
all'apprendimento dei contenuti, ma allo sviluppo delle capacità del bambino,
rispettando le sue condizioni psico-fisiche e i suoi ritmi di
apprendimento. Eliminando possibilmente le cause che ostacolano tale
sviluppo.
Pertanto occorre dare pochissima importanza ai voti, meglio ancora se, accogliendo l'invito della Montessori, riuscissimo a eliminarli.
Inoltre non occorre fare
alcuna comparazione tra gli alunni, in quanto ogni alunno è diverso ed ha i
suoi ritmi e va rispettato nella sua diversità. Mai mettere a confronto gli
alunni e fare classificazioni. Come afferma Marshall B. Rosengerg bisognerebbe
eliminare dai nostri giudizi “categorie moralistiche, come quelle di
giusto/sbagliato, buono/cattivo, normale/anormale, appropriato/non appropriato”,
che bloccano il processo formativo e lo sviluppo delle capacità che
arricchiscono la vita dell'alunno.
La
valutazione nel processo di apprendimento, deve essere basata su
giudizi di valore, ossia bisogna "far sapere all'alunno se i
risultati del suo apprendimento sono in armonia con i valori e i bisogni
espressi dal docente, oppure no". E qualora i risultati non fossero
coerenti con tali valori, indicare all'alunno il cambiamento da operare con
libertà e serenità.
Per
arrivare a questo è necessario che si acquisisca il valore della diversità e di
conseguenza il rispetto delle diversità, quale primo dovere morale di
ogni docente, base fondamentale di quell'uguaglianza sociale di cui tutti
attendiamo l'alba.
Gli
obiettivi prefissati devono nel corso dell'anno scolastico modularsi sulle
capacità dei ragazzi e non viceversa. Se un alunno procede con difficolta in
certi processi non si esprime valutazione negativa, ma ci si ferma per
capire come aiutarlo a superare lo stallo.
Si
comprende pertanto il perché puntare a certi livelli prefissati per tutti è
molto pericoloso, in quanto inevitabilmente i docenti sono costretti ad esprimere
giudizi del tipo "giusto o sbagliato", dopo una determinata prova,
ritenendo che il processo di apprendimento debba essere necessariamente uguale
per tutti.
Di
conseguenza non ha senso dire a un genitore: "Suo figlio è intelligente
volenteroso però... non raggiunge la sufficienza!", oppure "Gli ho
spiegato due volte l'argomento ma non riesce a seguirmi, è distratto",
oppure "Vorrebbe farlo ma non ci riesce."
Non
ha senso perchè i processi di apprendimento non possono essere codificati o massificati, in quanto essi avvengono alunni diversi per formazione,
cultura e ambiente.
Noi
insegnanti dell'obbligo scolastico siamo stati chiamate/i a dare il nostro impegno in "una scuola
per tutti e a misura di ciascuno", quindi a dare fiducia e stima ad ogni
alunno, ad accoglierli tutti in qualunque condizione essi si trovano. Farli
sentire in una postazione amica.
Ogni
alunno, anche il più disadattato e povero, il più frastornato e privo di
educazione, deve sentirsi accettato e accolto pienamente, affinché in un clima
di serena condivisione possiamo poi rimuovere quelle cause
che ostacolano un normale sviluppo intellettivo.
Potremmo
anche non riuscire a rimuoverle del tutto, ma continueremo il nostro
lavoro a testa alta perché abbiamo fatto tutto quanto potevamo fare.
Ritengo,
per questo, il lavoro dell'insegnante il più importante nella formazione
dell'uomo, il più necessario per umanizzare la vita di ogni persona e
dell'intera società.
Puntare
ai contenuti, ai livelli di sufficienza, a elencare le
diversità, è a parer mio disumano, è rendere la scuola un'esperienza
disumana.
Le
statistiche condotte sugli alunni nella scuola dell'obbligo sono un
oltraggio e una violenza. Come pure promuovere statistiche sulle scuole in base
ai risultati raggiunti con gli alunni, è un’operazione disumana, frutto di una
mentalità di dominazione tipica dei sistemi sociali autoritari e violenti.
Non
dobbiamo produrre bulloni, ma ci vengono affidati esseri umani in formazione e
pertanto dobbiamo agire con professionalità, competenza e delicatezza su persone che vivono
le difficoltà di crescita nella fase più delicata della loro vita,
sapendo che ogni essere umano è un mistero unico e irripetibile.
Se
il/la Dirigente non dovesse condividere questa impostazione della vita
scolastica e intende ridurre la scuola a un azienda che deve produrre
competenze prima ancora dell’umanità e del bene relazionale, ricordiamoci che
abbiamo sempre la possibilità di praticare l'obiezione di coscienza, nel pieno
rispetto di chi la pensa diversamente.
Pasquale
Lubrano Lavadera
Le
frasi di Rosenberg sono tratte dal libro “Marshall B. Rosengberg, Educazione
che arricchisce la vita, Edizioni Esserci Reggio Emilia 2005”.
Commenti
Posta un commento