PER UNA SCUOLA CHE PROMUOVA LA NON VIOLENZA E LA PACE
Molti
tra noi sono convinti che è necessario un cambiamento nel sistema educativo
oggi in vigore nelle scuole italiane.
Prima
osservazione:
L’affermazione
più volte affermata come una conquista della scuola dell’obbligo: “Una scuola
per tutti e a misura di ciascuno” oggi viene in maniera strisciante vanificata
da alcune richieste statistiche di livelli standard a cui tutte le scuole
dovrebbero uniformarsi.
Ci
si dimentica, infatti che si lavora con persone uniche ed irripetibili, non
comparabili tra loro al pari di prodotti di un azienda automobilistica. Persone
che portano dentro di loro la
complessità dell’individuo in formazione, processi delicatissimi di crescita e
di maturazione, diversissimi l’uno dall’altro, e per i quali la scuola dovrebbe
avere una grande attenzione e un adeguato affiancamento onde favorire in
ogni persona lo sviluppo armonico della
personalità.
Ogni
tentativo di comparazione tra scuole, tra docenti, tra classi, tra alunni è il
frutto di una società che discrimina e seleziona. Chiedere requisiti standard
alle scuole, pena una sorta di squalificazione, è trattare gli esseri umani
alla stregua di macchine che devono offrire certe prestazioni.
La
frase di Giovanni Paolo II: “Ogni essere umano è unico ed irripetibile”, ci
porta a intuire che anche le sue capacità sono uniche e non possono essere
comparate. Ognuno ha diritto di essere così come il Dio creatore lo ha pensato
dall’eternità, le capacità sono un dono che Dio ha elargito a ciascuno e su
quelle capacità c’è un disegno d’amore. La scuola si affianca alla famiglia,
alla comunità e cerca di far venir fuori
al meglio le capacità di ogni creatura umana senza classificarla.
Per
questo la scuola dell’obbligo aveva abolito la bocciatura, abolito i voti e
formulava valutazioni in base alle capacità di ogni ragazzo e indicative del
loro processo di apprendimento. E quando un nostro alunno non raggiungeva
quegli obiettivi che ci eravamo posti all’inizio del percorso triennale della
scuola media, noi docenti prendevamo coscienza che quel ragazzo non era pronto
per affrontare studi scientifici i
tecnici e indirizzavamo quegli alunni verso scuole di addestramento
professionale. Scuole che purtroppo sono
quasi scomparse dappertutto. Scomparse perché, non impostate in maniera corretta, sono state squalificate
come scuole di serie B dove si studiava poco e si lavorava male.
Un
dato scientifico è certo: ci sono alunni che maturano e sviluppano la propria
personalità nei laboratori tecnologici o artigianali o nell’attività lavorativa e c’è chi invece
matura e sviluppa capacità intellettive
applicandosi nel campo umanistico o
scientifico attraverso la ricerca teorica.
Classificare
il primo come “mediocre” e il secondo come “capace”, non è un giudizio di
valore ma un giudizio moralistico. Tali giudizi sono pericolosi e andrebbero il
più possibile eliminati dalla Scuola.
Don
Milani, come già precedentemente Maria Montessori, aveva abolito voti e
registro e classifiche e premi. I ragazzi che eccellevano diventavano
corresponsabili nel processo di maturazione di quelli che non avevano ancora
raggiunto gli obiettivi minimi indispensabili. Un esempio che ho tenuto sempre
presente nel mio percorso di docente.
Seconda
osservazione:
Se
vogliamo che i ragazzi di oggi possano vivere domani in un mondo dove la pace,
l’’equità, la non violenza, l’empatia, la reciprocità, il bene relazionale e la
fraternità siano valori condivisi, dobbiamo mettere questi valori alla base del
nostro progetto educativo e proporlo al territorio dignitosamente e anche con coraggio.
Dovremmo mettere al centro della nostra offerta
formativa un educazione che prepari i nostri allievi ad apprendere, a
relazionarsi bene con se stessi e con gli altri, ad essere creativi, flessibili
ed aperti e a praticare l’empatia non solo con i propri cari o amici , ma con
tutti. Aprire a visioni nuove la mente dei nostri allievi, allargando il cuore e lo spirito, puntando a
sviluppare la naturale curiosità e gioia di apprendere, a conoscere il pensiero
critico, a favorire comportamenti di
umana solidarietà e relazioni pacifiche e non violente.
Un
tempo si usava la violenza come metodo. Chi vi parla ha frequentato la scuola
negli anni 50 e purtroppo ha sperimentato la violenza e l’ha subita dai maestri
e dai compagni.
Oggi
fortunatamente si è capito che era un assurdo pedagogico quella violenza ma, a
ben analizzare il sistema, ci accorgiamo che oggi, spesso, nella comunicazione
e nelle relazioni ancora c’è una certa violenza, che si esprime spesso con
regole che hanno lo scopo di indurre all’obbedienza cieca ai genitori, ai
docenti, al preside, e questo anche fuori della scuola: nell’ambiente di lavoro
e nella politica.
Voglio
solo sottolineare come nei programmi
scolastici spesso si presenta come normale la violenza della guerra,
l’esercizio del dominio di un popolo su un altro popolo, di una classe su di
un'altra classe, cioè si presenta normale l’impostazione sulla violenza dei
popoli praticata nei secoli passati.
Si
impone ai bambini di imparare date di guerre e di battaglie dove in fondo si
praticavano vere e proprie carneficine di esseri umani, e in letteratura si
studiano poemi epici dove la conquista violenta è presentata come eroica e
virile.
Senza
parlare della violenza che oggi invade i nostri schermi in opere solo
apparentemente fantastiche.
Terza
osservazione
I
modelli sociali di oggi si ispirano ancora all’idea forte della dominazione,
dove la gerarchia è tenuta in debito conto, finalizzata al dominio. Essa esercita
a vari livelli il potere per dominare e prevalere sulle classi sottostanti.
La
frase evangelica: “Chi vuol essere il primo tra voi sia il servo di tutti” non
è ancora entrata nella cultura dei popoli. E
chi si ispira dal punto di vista pedagogico a principi che nascono dal
Vangelo: l’amore per tutti, l’amare per primi, l’amore reciproco, il perdono,
il saper ricominciare, la piena accoglienza, sa di dover proporre un modo
diverso di vivere la gerarchia.
Perché
un Dirigente e un Ispettore non è ricompensato come un
docente che lavora con amore e passione
nella scuola?
Qualcuno
mi potrà rispondere dicendo: perché l’Ispettore ha raggiunto due gradini più
su nella scala gerarchica, e quindi
viene retribuito come colui che sta più in alto.
Se
invece riteniamo che la gerarchia sia servizio e servizio d’amore, allora siamo tutti parificati dall’amore in quanto
l’amore ha lo stesso valore sia che lo vivo come docente sia che lo vivo come
Dirigente.
Gesù
ponendo l’amore al centro del sistema sociale ha rivoluzionato tutto l’assetto
preesistente, e continua a rivoluzionarlo oggi in cui si ritorna a parlare di
eccellenze e di merito e si ritiene giusto che qualcuno debba prendere 10 o 15
volte lo stipendio di un insegnante.
Ricorderete
certamente l’episodi del Vangelo in cui
l’operaio dell’ultima ora riceve la stessa somma di chi aveva cominciato
a lavorare la mattina.
Prima
proposta
La
psicologa Riane Eisler[1]
afferma che, poiché la maggior parte
delle strutture educative ancora usano quel modello di società basato proprio
sulla dominazione, un modello in cui famiglie, luoghi di lavoro, tribù,
nazioni, sono organizzati sulla base di ranghi rigidi, sostenuti, in ultima
analisi, dalla paura e dalla forza, occorre proporre, in alternativa, un modello diverso che chiama “modello
mutuale”, ossia un modello che favorisce la reciprocità, il bene relazionale,
la crescita democratica, equità e pace sociale, non trascurando il fatto che in alcune regioni del mondo si sono gia
fatti passi in avanti rispetto al “modello di dominazione”.
Se
così non fosse oggi non potremmo parlare liberamente d questo argomento e
rischieremmo consegueze severe o perfino la morte come accadeva nel passato a
liberi pensatori.
Certamente
questo progresso non è stato lineare, le
conquiste democratiche hanno tante volte segnato il passo e alcune volte si è
tornato indietro. Oggi è un epoca in cui si fa fatica e in molti posti si stanno
riaffermando regimi dittatoriali bastai
sul “modello di dominazione” anche perché i regimi democratici non sorretti da
una profonda coscienza di equità e di servizio hanno presentato spesso crepe e
disfunzioni, con disuguaglianze vistose, violenza, dominio delle classi
superiore e violenza ambientale per pura speculazione e con una crescita
esponenziale di conflitti fra persone gruppi, società, Stati.
Ecco
perché è importante oggi che la Scuola riprenda la sua funzione guida nella
formazione della persona mettendo alla base un nuovo modello
organizzativo, quel “modello mutuale”
capace di favorire una comunicazione empatica tra gli individui e quel bene
relazionale che sta alla base di tutti i
rapporti interpersonali e sociali senza
i quali è impossibile impedire la nascita di conflitti.
In
questa direzione la Scuola deve
riacquistare il suo ruolo guida, anche perché è ormai sperimentato che i
bambini , i ragazzi, i preadolescenti che vivono relazioni di mutalità riescono
a dare il meglio di sé.
Inoltre
quei bambini che nel loro ambito familiare hanno imparato che esistono solo due
alternative: sopraffare o essere sopraffatti, possono capire che c’è una terza
alternativa che è più piacevole e funziona meglio.
Mio
padre quando ero piccolo mi faceva sentire in colpa per il fatto che se un
bambino mi picchiava o mi offendeva io non sapevo difendermi. Ma lui non
conosceva una terza alternativa, ossia quella di una società e quindi di una
scuola ispirata al modello di mutualità.
Una
scuola in cui studenti ed insegnanti si relazionano come partner e
collaboratori, dove ogni interazione è ispirata alla pace e alla equità,
dove giovani vedono la Scuola come luogo
di esplorazione, luogo dove condividere idee e sentimenti, un luogo dove ogni
bambino è ascoltato e valorizzato e dove lo spiritio umano è nutrito e può
crescere.
Ma
c’è di più. Quando diamo ai giovani la possibilità di sperimentare relazioni
basate sul rispetto e l’attenzione reciproca, non solo promuoviamo il loro
benessere, apprendimento e crescita personale, sosteniamo anche il passaggio verso una società meno violenta,
più equa, più attenta e veramente democratica.
Seconda
proposta
In
questo periodo storico poi ci troviamo ad un crocevia: se da una parte
assistiamo ad escalation di violenza e di conformazioni al “modello di
dominazione” e questo nella famiglia nella scuola nella politica e
nell’economia, dall’altra vediamo che a tanti livelli il movimento verso il
modello mutualità va crescendo. Il discorso sulla non violenza di papa
Francesco il 1 gennaio 1917 è stato infatti accolto con gratitudine in malti
ambiti ed ha segnato anche una svolta all’interno della stessa Chiesa.
E
proprio partendo da questo discorso di Papa Francesco sulla non violenza che io
vorrei proporre a tutti voi il modello di una scuola che promuova relazioni non
violente, comunicazioni non violente, valutazioni non violente e dove ogni
esperienza arricchisca la vita di noi docenti, degli studenti, delle famiglie,
del personale amministrativo e di collaborazione.
Pasquale Lubrano Lavadera
[1]
Da Marshall B. Rosenberg, Educazione che arricchisce la vita, Introduzione,
2005 Reggo Emilia, pp.5-11
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