Quale relazione con l'altro?

Compagnia di Balletto Classico Cosi-Stefanescu Reggio Emilia

Vivere la relazione con l'altro, nell'epoca dell'incomunicabilità e, più di recente, dell'intolleranza è un'esperienza non sempre facile e gratificante...Dalla "solidità" dei corpi sociali e delle comunità di un tempo, non molto lontano, siamo pervenuti alla "liquidità" che contraddistingue le precarie relazioni su cui si reggono adesso la famiglia, la città, le varie istituzioni.

L'attuale società sembra essersi disgregata in una molteplicità di sistemi, ognuno dei quali, a sua volta, produce riferimenti valoriali spesso del tutto autoreferenziali, sempre meno attenti alla relazione umana e alla dignità dell'uomo.

Rimane estremamente attuale il conflitto che vede contrapposti individuo e società, istanze di libertà e rivendicazioni di uguaglianza. Appare del tutto scardinato il tradizionale modello di famiglia, sostituito ormai da una vasta tipologia di legami sempre meno stabili e chiari.

Appannato si rivela il senso di appartenenza  dei cittadini alla propria comunità, la cui identità a volte sfuma nei suoi contorni fino a sfuggire del tutto.

I cambiamenti sociali incalzano ogni giorno sotto i nostri occhi...Muta il modo di lavorare e di stare con gli altri nell'ambiente di lavoro. Si trasforma la scuola e, al suo interno, il legame che intercorre fra insegnante e allievo, fra adulto docente e adulto genitore. L'indifferenza e la diffidenza si insinuano anche negli stessi rapporti familiari.

Come psicologo trascorro buona parte della mia giornata ad ascoltare persone che portano in sé il profondo disagio di non essere capiti e di non capire.

Si tratta di coppie che non riescono più a risolvere i propri conflitti, o a gestire quelli con i figli ; di bambini che hanno paura di andare a scuola; di adolescenti che si barricano in casa  perché temono il giudizio dei loro coetanei; di giovani che hanno il terrore di lasciare la propria famiglia di origine per sposarsi; di adulti che si sentono schiacciati dall'incertezza del futuro; di anziani resi terribilmente tristi da un mondo che prima apparteneva a loro e che adesso cinicamente li emargina.

I molteplici volti  del disagio sociale e della sofferenza mentale sembrano oggi avere in comune la medesima difficoltà a relazionarsi, a comunicare, a gestire il rapporto che ci lega agli altri.

In questi ultimi anni si ha la netta sensazione  che nella società occidentale siano venute meno le "competenze relazionali" più  elementari e scontate; quelle che riguardano la paziente attitudine all'ascolto, la capacità di mettersi nei panni dell'altro, la disponibilità a condividere e ad essere solidali.

Sono queste le "competenze" da cui dipendono non solo i nostri rapporti con gli altri, ma anche la nostra felicità personale, la nostra salute mentale, la nostra capacità di affrontare la realtà e di adattarci creativamente ad essa.

Quelle relazionali sono competenze che gli adulti mostrano di avre ormai disimparato e che le nuove generazioni stentano forse ad acquisire in modo del tutto compiuto.

L'inizio del nuovo millennio, in definitiva, trova l'uomo prigioniero di una arida solitudine che lo rende "orfano" della relazione con l'altro, privo di quella "compagnia" che sola sa dare significato e sostegno ai suoi passi....Se la cultura moderna ci ha fatto scoprire l'individuo sostenendone l'affermazione in ogni ambito della vita sociale...è ora giunto il momento di affermare la centralità della relazione con l'altro, la necessità che gli uomini imparino a riconoscersi reciprocamente.


Pietro A. Cavaleri


da Pietro A. Cavaleri, Vivere con l'altro, Città Nuova Editrice 2007


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