LA VIOLENZA ENTRA NELLE SCUOLE come combatterla
Scuola- ANSA |
Un articolo
molto interessante di Corrado Zunino, con un commento incisivo di Umberto
Gentiloni: “Scuola aperta a tutti, amica di pochi”[1]
richiama l’attenzione di Dirigenti scolastici, Docenti, Famiglie, Giovani, sull’articolo 3 e l’articolo 34 della Costituzione, puntualizzando
la necessità dell’apertura della scuola
a tutti i cittadini e della rimozione degli
ostacoli che impediscono la realizzazione piena della persona.
Personalmente
ho constatato che, di fronte a situazioni di grave disagio psicologico e fisico,
o di semplice disadattamento, motivo primo di disturbo nell’apprendimento, spesso la scuola non ha voluto scendere in campo “alzando del tutto le spalle” con la giustificazione di non avere strumenti, personale adeguato ad affrontare tali problemi.
Parlando poi con docenti di altre scuole mi sono reso conto che, fatta salva la buona volontà di alcuni insegnanti, la situazione era pressoché identica un po' dappertutto. Salvo poi ad esprime sconcerto quando in qualche scuola abbiamo visto volare dalle finestre banchi, sedie e registri.
Mi sono pertanto convinto che, una scuola che non pone al centro di tutti i suoi
progetti educativi e di apprendimento l’obiettivo di rimuovere le cause di
disturbo dell’apprendimento, è una scuola che tradisce la Costituzione e non riuscirà a dare a tutti i nostri giovani quella formazione umana e civile necessaria.
A nulla
varranno progetti e risorse se i diritti di ogni alunno non saranno soddisfatti, e succederà sempre che “chi viene da famiglie
benestanti e con molti libri in casa, sarà avvantaggiato".
Ma c'è oggi un pericolo aggiunto: si tenta di innalzare il livello contenutistico di formazione. Di conseguenza in una scuola in cui il livello della formazione si fa alto, sicuramente cresceranno di più le disuguaglianze. E purtroppo molte scuole stanno innalzando questo livello.
Non trascuriamo poi di riflettere che in una società sempre più complessa, multietnica e multiculturale come la
nostra, questa complessità entra nella scuola; entrano i conflitti politici, i conflitti sociali, la violenza, la precarietà, l'incapacità di dialogare, il rifiuto delle diversità, le discriminazioni etniche, le crisi familiari, gli squilibri psicologici ecc. ecc. Occorre allora predisporre percorsi nuovi di integrazione, di conoscenza
della lingua, di accompagnamento, di sostegno psicologico e fisico.
Altro
che Prove Invalsi!
Qualche anno fa si affermava un principio di fondo: le valutazioni degli alunni non vanno comparate, servono all'alunno al suo processo di formazione e pertanto furono eliminati i voti: si volevano evitare quegli inutili e maldestri confronti .
Oggi non solo sono tornati voti e il relativo confronto gli alunni, ma con le Prove Invalsi è nata anche la comparazione tra le scuole, E una scuola che raggiunge una classificazione bassa viene a torto considerata scadente.
Occorre pertanto un ripensamento di tutta l’impostazione della
vita scolastica con una priorità indispensabile in ogni scuola di qualsiasi
ordine e grado: istituire l’educazione al bene
relazionale e l’apprendimento di una comunicazione non violenta. Base essenziale per creare un clima di collaborazione, di rispetto reciproco, di ricerca comune, di comunicazione aperta ed empatica: elementi indispensabili per impostare in maniera serena e corretta la vita di ogni classe scolastica.
Logicamente
è necessità primaria la presenza stabile in ogni istituto di una equipe
psico-pedagogica. La qualcosa, annunciata dai Decreti Delegati anni fa, mai è stata attuata
Pasquale Lubrano
Lavadera
[1]
Corrado Zunini, “Scuola aperta a tutti amica di pochi” e Umberto Gentiloni,
“Una carta di accesso per essere cittadini”, la Repubblica venerdì 22 dicembre
2017.
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